Non c'è nulla interamente in nostro potere, se non i nostri pensieri
(Cartesio)

mercoledì 29 febbraio 2012

Aborto post-natale

Io direi che adesso stiamo esagerando.... a prescindere dal fatto che io sono contro l'aborto, (lo ero già prima ma dopo averne avuto uno spontaneo e portarne ancora oggi i segni psicologici lo sono ancora di più) direi che ammazzare un figlio dopo averlo partorito e farlo passare come aborto E' TROPPO!

Per sbaglio (perchè i Tg parlano di gossip e non di cose serie) ho letto questo articolo che vi riporto*:

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Da alcuni giorni si discute molto, soprattutto online ma anche su alcuni giornali (oggi è uscito un severissimo editoriale dell’Avvenire), di un articolo scientifico che sta indignando i siti cattolici in tutto il mondo: l’articolo è una riflessione accademica sul cosiddetto “aborto post-natale”, una definizione (e un ossimoro) usata per indicare la possibilità di equiparare un neonato a un feto, cui potrebbe quindi essere tolta la vita per le stesse ragioni per cui le nostre società contemplano la legittimità dell’aborto. Lo studio è stato pubblicato sul Journal of Medical Ethics ed è stato realizzato da due ricercatori italiani: l’esperto di bioetica e filosofia Alberto Giubilini dell’Università di Milano e la ricercatrice Francesca Minerva del Centre for applied philosophy and public ethics della Università di Melbourne (Australia). Leggendo i commenti, ora interlocutorii ora scandalizzati, circolati fino a ora sull’argomento si ha l’impressione che in molti casi siano stati scritti sulla base dell’abstract (le poche righe introduttive di sintesi accessibili a tutti) dello studio, senza andare a vedere quali siano le argomentazioni per esteso di Giubilini e Minerva (impressione che vale anche per Avvenire, che cita solo la traduzione dell’abstract; altri siti rivendicano di non voler spendere i 32 euro necessari ad acquistare online l’articolo). Abbiamo quindi letto la versione integrale dell’articolo per capire in che termini viene posto il problema e se le indignazioni per l’ipotesi omicida sono fondate.
I due autori iniziano il loro articolo spiegando che di solito particolari anomalie nel feto e i rischi di salute fisica e/o psicologica per la futura madre sono tra le principali cause che portano alla scelta dell’aborto. A volte le due cose sono connesse, «quando per esempio una donna dice che un bambino disabile potrebbe rappresentare un rischio per la propria salute mentale». In alcuni casi le stesse condizioni che avrebbero portato a un aborto si presentano solo dopo la nascita, innescando il dilemma filosofico al centro della riflessione condotta dai due studiosi. Che cercano di valutare una serie di fatti per decidere se gli argomenti che si applicano per uccidere un feto umano possono essere applicati anche per un neonato, discutendo così l’eterno tema dell’inizio della vita.
I casi in cui si verificano condizioni subito dopo la nascita simili a quelle che avrebbero indotto all’aborto sono numerosi, spiegano Giubilini e Minerva. Ci può essere il caso di un neonato che al momento della nascita non riceve ossigeno subendo danni cerebrali irreparabili, oppure quello di altre gravi patologie che non sempre vengono diagnosticate prima della nascita. La sindrome di Treacher Collins, per esempio, si verifica ogni diecimila nascite circa e causa deformità notevoli al viso, che possono mettere in pericolo la vita del neonato se interessano naso e bocca. Chi soffre di questa patologia di solito non ha problemi mentali ed è quindi pienamente consapevole della propria condizione di diversità con tutti i problemi che ne possono derivare. I test genetici, per determinare se vi sia il rischio che il nascituro abbia o meno la sindrome, vengono di solito effettuati solamente se nella famiglia dei genitori si sono verificati casi simili. I test sono inoltre molto costosi e richiedono settimane per i risultati, e anche per questo motivo vengono eseguiti solo in particolari condizioni.
Giubillini e Minerva ricordano anche che ci sono altre malattie più comuni che non vengono sempre diagnosticate prima della nascita. Tra il 2005 e il 2009 in Europa solamente il 64 per cento dei casi di nascituri affetti da sindrome di Down è stato diagnosticato con i test prima della nascita. Questo significa che sono nati circa 1.700 bambini con la sindrome di Down senza che i genitori potessero saperlo prima della nascita. «Dopo la nascita di questi bambini, non c’è alcuna alternativa per i genitori, se non quella di tenere i bambini, che a volte è proprio ciò che probabilmente non avrebbero fatto se la malattia fosse stata diagnosticata prima della nascita».
Il tema dell’eutanasia per i neonati con particolari malformazioni e la prospettiva di una vita che non varrebbe la pena di essere vissuta con dolori insopportabili è stato affrontato, nel corso del tempo, da filosofi, scienziati e da alcuni legislatori. Nei Paesi Bassi, dove queste delicate questioni sono state affrontate con norme incisive, il Protocollo Groningen del 2002 consente di porre fine alla vita di un neonato con prognosi senza speranze, attraverso una decisione assunta dai medici e dai genitori. Ma stabilire criteri condivisi per cui una vita non vale la pena di essere vissuta è praticamente impossibile e, secondo gli autori dello studio, dovrebbe essere un processo che tiene in considerazione non solo le patologie del neonato, ma anche le conseguenze per la vita dei genitori e per la società intera a causa dei maggiori costi sociali.
«Quando si verificano determinate circostanze dopo la nascita che avrebbero giustificato l’aborto, quello che chiamiamo aborto post-natale dovrebbe essere permesso» scrivono Giubilini e Minerva. Spiegano anche che l’espressione è preferibile a quella di infanticidio, perché evidenzia il fatto che lo stato morale dell’individuo che viene ucciso è del tutto comparabile a quello del feto più che a quello di bambino. Di conseguenza, l’uccisione di un neonato potrebbe essere eticamente ammissibile in tutte quelle condizioni in cui lo sarebbe l’aborto.
Uguaglianza morale tra neonato e feto
Secondo Giubilini e Minerva, lo stato morale di un neonato è equiparabile a quello di un feto «nel senso che entrambi mancano di quelle proprietà che giustificano l’attribuzione di un diritto a vivere dell’individuo». Sono naturalmente entrambi esseri umani e delle persone in potenza, ma nessuno dei due è strettamente una “persona” nel senso di essere il “soggetto di un diritto morale a vivere”. Una persona è un individuo in grado di attribuire alla sua esistenza almeno un valore di base: la consapevolezza che essere privati dell’esistenza rappresenta una perdita per se stessi. Ne consegue che gli individui che non sono nelle condizioni di attribuire nessun valore alla loro stessa esistenza non sono persone. Non è quindi sufficiente essere un essere umano per ottenere l’inalienabile il diritto a vivere, secondo gli autori. Opinione accettata, dicono, nei paesi dove non sono considerati i soggetti di un diritto a vivere gli embrioni per le ricerche sulle cellule staminali o i criminali dove è prevista la pena di morte.
Inoltre, per un soggetto una condizione necessaria per avere un diritto a qualcosa è che questo sia danneggiato qualora venga deciso che sia privato di quel qualcosa. Un soggetto deve però essere nella condizione di valutare come sarebbe stata la propria condizione se non fosse stato danneggiato. E questa consapevolezza dipende dal livello del suo sviluppo mentale, cosa che determina quindi se si tratta o meno di una “persona”.
Un neonato inizia ad avere aspettative consapevoli e a sviluppare un minimo di consapevolezza di sé molto presto, ma non nei primi giorni o settimane dopo la nascita. Ambizioni e piani sono invece ben chiari a quelle persone, a partire dai genitori, che avrebbero potuto decidere di interrompere la gravidanza. E secondo gli autori, «i diritti e gli interessi delle persone coinvolte dovrebbero essere quindi tenuti in considerazione più del resto per quanto riguarda l’aborto o l’aborto post-natale».
Feto e neonato sono potenziali persone
Feto e neonato non sono persone, ma hanno la potenzialità di diventarlo grazie ai meccanismi biologici che li porteranno a crescere e svilupparsi. Quando avranno raggiunto questo stadio saranno in grado di avere ambizioni e di rendersi conto della loro stessa vita. Tenuto conto delle precedenti sdefinizioni di persona, spiegano Giubilini e Minerva, affinché ci sia un danno è necessario che qualcuno sia nella condizione di avere consapevolezza di quel danno. Se una persona in potenza, come un feto o un neonato, non diventa una persona vera e propria, allora non c’è e non ci sarà nemmeno una persona futura che può essere danneggiata, dunque non c’è danno alcuno. In pratica, secondo questa impostazione, se i tuoi genitori avessero deciso di abortire quando eri un feto o un neonato, non ti avrebbero danneggiato perché avrebbero danneggiato qualcuno che non esisteva ancora, quindi nessuno. Il tema della “persona in potenza” sarebbe quindi enormemente sopravvalutato, assumendo spesso più importanza delle ragioni dei genitori.
L’adozione è un’alternativa
Giubilini e Minerva spiegano che una possibile obiezione al loro studio potrebbe essere: invece di scegliere per un aborto post-natale, i genitori non potrebbero semplicemente dare in adozione il figlio che non vogliono? Ma questa domanda trascura interessi e conseguenze più grandi che riguardano le persone coinvolte nella scelta. Una madre, per esempio, potrebbe subire grandi danni psicologici nel dare il proprio figlio in adozione (in merito ci sono diverse ricerche scientifiche). Il lutto e il senso di perdita possono accompagnare sia l’aborto che l’aborto post-natale così come la scelta di dare in adozione il proprio figlio, e non è detto che l’ultima opzione sia la meno traumatica per la madre biologica. La morte è una condizione definitiva, quella dell’adozione appare per alcune madri meno definitiva e mantiene la speranza, spesso inconscia, che ci possa essere un ritorno, cosa che rende più difficile accettare fino in fondo la separazione. Nello studio si ricorda comunque che quelle proposte non sono motivazioni definitive contro l’adozione come una valida alternativa all’aborto post-natale, ma molto dipende dalle singole circostanze: l’importante è che gli interessi delle persone effettive prevalgano.
Giubilini e Minerva concludono il loro articolo scientifico aggiungendo che, se condizioni come i costi (sociali, psicologici ed economici) per i potenziali genitori sono motivi accettati oggi per optare per l’aborto anche quando il feto è sano, allora gli stessi motivi dovrebbero giustificare l’uccisione del neonato, posto che lo stato morale sia lo stesso. Una tale impostazione lascia aperte molte implicazioni difficili da risolvere, ed evidenzia la fragilità delle convenzioni legali su quale debba essere il periodo massimo consentito in cui il neonato può essere ucciso. Lo studio non suggerisce un arco di tempo preciso, ma ricorda che per diagnosticare particolari anomalie bastano pochi giorni dopo la nascita. Nel caso di un aborto post-natale di un neonato sano non indicano una soglia, poiché dipenderebbe dalla valutazione su ogni caso specifico sullo sviluppo psicologico e neuronale del neonato.
Tuttavia, se una malattia non è stata identificata durante la gravidanza, se qualcosa è andato storto durante il parto, o se cambiamenti economici, sociali o psicologici rendono il prendersi carico del neonato un impegno insostenibile, allora le persone dovrebbero avere la possibilità di non essere forzate a fare qualcosa che non si possono permettere.
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Questo articolo merita una sola risposta. sembrerò cattiva ma l'aborto post natale lo praticherei a queste persone, perchè non si possono definire tali!

se vi va leggetevi pure la risposta del  direttore della rivista scientifica


 *Fonte articolo: http://www.ilpost.it/2012/02/28/aborto-post-natale/ 

aggiungo: se siete daccordo con questi due geni, leggetevi questo blog e riflettete(consiglio: leggetelo anche se non siete d'accordo) http://inviaggioconnina.blogspot.com/

Bloggin Day per Rossella Urru

NON STANCHIAMOCI DI URLARE PER LA LIBERAZONE DI 
ROSSELLA URRU. 
RIPORTATE ROSSELLA E I SUOI COLLEGHI A CASA. LIBERATELAAA!!!

Nella notte tra il 22 e il 23 ottobre Rossella Urru ed altri due cooperanti spagnoli (Ainhoa Fernandez de Rincon, dell’Associazione amici del popolo saharawi, e Enric Gonyalons, dell’organizzazione spagnola Mundobat) sono stati rapiti da uomini armati, arrivati a bordo di diversi pick-up. Dalla notte del sequestro non si hanno avuto notizie di Rossella Urru fino al mese di dicembre quando un gruppo dissidente dell’Aqmi (Jamat Tawhid Wal Jihad Fi Garbi Afriqqiya ) ha rivendicato il rapimento. Algeria. E’ lì che Rossella Urru, 29 anni, cooperante italiana, è stata rapita. In quelle terre devastate da guerra e miseria, Rossella si occupava di rifornimenti alimentari per il campo profughi Saharawi di Rabuni traboccante di donne e bambini allo stremo.
Da TROPPI giorni è nelle loro mani...Qualche tg regionale dopo l'invasione dei link che tutti voi avete condiviso, ha deciso di parlarne, non è molto, ma almeno un'inizio, allora urliamo più forte per la sua liberazione. 
Anche noi...PER ROSSELLA: 
bloggin day per ROSSELLA URRU il 29/2/2012 
CORAGGIO ROSSELLA
per partecipare:clicca qui

sabato 25 febbraio 2012

Come è finito è ricominciato

Sarebbero dovute iniziare questo fine settimane le mie amate gare...toccava alla Superbike, Phillip Island, mi sono impazzita per cercare di vedere la superpole, ovviamente in replica perchè alle 5 di mattina (o forse prima) ero nel mondo dei sogni...ma non ci sono state perchè nella gara di Superstock 600 che precedeva la Superpole è morto un pilota in un incidente. Si chiamava Oscar McIntyre e aveva 17 anni....
Questi campionati sono finiti con la morte di Marco e sono iniziati con la morte di Oscar...sembra anche che la dinamica dell'incidente sia la stessa...
per carità i piloti sanno di rischiare quando montano su una moto o su una macchina, però quando succede ti fermi a pensare se ne vale davvero la pena..

venerdì 24 febbraio 2012

Blog a impatto zero

Ho visto questa iniziativa di DoveConviene.it su diversi blog e, dato che la scadenza è fissata per fine febbraio, mi sono decisa a leggere di cosa trattasse.
In poche parole il blogger dichiara la sua disponibilità ad abbattere l'impronta ecologica del proprio sito e  DoveConviene.it, in collaborazione con iplantatree.org, provvederà a piantare un albero in zone soggette a processi di riforestazione.


L'effetto benefico di questa iniziativa è garantito. Ogni anno infatti un blog o un sito internet producono in media 3,6 kg di anidride carbonica, un albero invece è in grado di assorbirne ben 5 kg annui.

La partecipazione da parte dei blogger è totalmente gratuita ed il modo di aderire è semplice ed intuitivo.
DoveConviene è da sempre molto attento all'utilizzo consapevole della carta e alla tutela del nostro patrimonio boschivo. Grazie alla sua attività tutti i volantini pubblicitari delle principali catene commerciali di elettronica, sport, ipermercati come (piazza italia, conbipel, darty, solo per citarne alcune) vengono digitalizzati e resi disponibili online, in maniera gratuita e consultabili sia su pc che su smartphones iPhone e Android, attraverso una comoda applicazione. Ecco alcuni esempi di volantini digitalizzati:


Mediaworld -> http://www.doveconviene.it/volantino/mediaworld
Ikea -> http://www.doveconviene.it/volantino/ikea
Euronics -> http://www.doveconviene.it/volantino/euronics

DoveConviene vuole scoraggiare l'abuso di carta per fini pubblicitari e contribuisce a rendere più pulita la città. Per l'utente la comodità di poter accedere a tutte le offerte in qualunque momento, di poter rintracciare il punto vendita più vicino attraverso una pratica mappa e di poter conoscere rapidamente tutti gli orari di apertura, comprese le aperture domenicali.
Per chi vuole approfondire nel dettaglio sull'iniziativa vi invito a visitare http://www.iplantatree.org/project/7

Grazie a questa iniziativa ambientalista promossa da DoveConviene.it posso finalmente annunciare che il mio blog è da oggi ad impatto zero!

lunedì 13 febbraio 2012

Europei nel sangue

Stamattina nel blog di Lu ho visto una cosa che non dovrebbe mai succedere..soprattutto per far posto a degli Europei di calcio.
sapevo già della notizia ma vedere quelle immagini mi ha fatto rabbrividire. Come ho già detto a Lucia io non pubblicherò le foto, ma non per paura dell'oscurazione del blog, ma perchè quelle immagini sono davvero forti e chi è debole di stomaco potrebbe avere la mia stessa reazione.
L'Ucraina  ospiterà gli europei di calcio del 2012 e lo farà sulla pelle degli animali.
e questo:

QUI,potete trovare il video,uno dei tanti,non ho il tempo di caricarlo,mi dispiace!

Qui,potete leggere addirittura la lettera di FRATTINI

Anche qui un video da non perdere assolutamente!QUI

Chi mi segue e mi conosce sa che io non sopporto nessun tipo di violenza verso gli animali perchè questi ultimi non possono difendersi.  E vedere queste cose....beh io mi associo a Lu...

IO NON CI STO!

domenica 5 febbraio 2012

Giornata da dimenticare

Avrei voluto raccontarvi di ieri, giorno del compleanno del mio dolce maritino..e invece vi racconto della pessima giornata di oggi.
Iniziamo col dirvi che siamo rimasti chiusi fuori di casa...stavamo uscendo per andare a fare un pò di spesa e abbiamo dimenticato le chiavi, non vi dico che fatica abbiamo fatto per rientrare!!
ma la cosa peggiore di tutta la giornata è stata scoprire che un anno fa è venuto a mancare un mio amico...l'ho scoperto attraverso un'epigrafe, letta di sfuggita e sopratutto perchè avevamo sbagliato strada..come ho letto il suo nome non volevo crederci, poi ho visto la foto e vi giuro che sono ancora shockata...arrivata a casa(o almeno una volta entrati) ho cercato su internet e ho scoperto che un anno fa, proprio il 04/02/2011, in un incidente stradale Mirko Bettin ha perso la vita, aveva 24 anni, una grande passione per la Ducati.
Era un ragazzo davvero simpatico, a me perlomeno faceva ridere e tanto, non solo per quello che diceva, ma anche per il suo modo di porsi...è stato davvero un brutto colpo...

CIAO MIRKO!

venerdì 3 febbraio 2012

la dolce storia di Lil’ Drac

Come sapete io adoro tutti gli animali...anche quelli che non fanno parte della categoria "D'affezione", anche se io mi affeziono a tutti.
Lil' Drac è un piccolo abbandonato dalla mamma che senza le cure dei volontari della Bat World Sanctuary, sarebbe morto.






Come si fa a non affezionarsi a questi tesori???
Lil'Drac è già abbastanza "grandicello" in quanto ha il pelo, quelli che capitano a me spesso il pelo non lo hanno...sono grandi quanto la parte dove sta il polpastrello dell'indice..
io preferisco dargli da mangiare con l'ago canula più che con il "ciuccio" perchè riesco a farli mangiare ogni tre ore regolarmente e evito che si ciuccino tra di loro, e poi perchè cosi controllo bene quanto mangiano, se mangiano troppo rischiano indigestione..

I piccolini di cui mi occupo io non sono di questa specie. Lil'drac fa parte dei Rinolofidi, lo si capisce dal fatto che sul naso ha una sorta di corno o ferro di cavallo.
Io mi occupo di Albolimbati e di Molossi di Cestoni e i piccoli sono diversi tra loro ma sempre dolcissimi..

giovedì 2 febbraio 2012

Test Malesya in ricordo del SIC

Tante le novità di quest'anno tra i test infiniti e le CRT, ma nel motomondiale non si riesce a dimenticare Marco Simoncelli.
Sono iniziati ieri i test proprio in quel circuito dove Sic ha perso la vita.

L'HRC lo ha ricordato rispettando un minuto di silenzio e posando un mazzo di fiori proprio in quella curva.

I test vanno avanti, le moto girano e sempre più veloci. Casey ha battuto il record della pista risalente al 2009.

Insomma tutto come lo scorso anno, Casey che deve essere inseguito e Rossi sempre in 5-6 posizione. Manca solo Marco e tutta la sua allegria....

mercoledì 1 febbraio 2012

Giappone: dona la vita per accudire gli animali

Non so se lo avete sentito al TG qualche giorno fa, di quel signore a Fukushima che è rimasto nella zona contaminata dalla radiazioni per occuparsi di quegli animali che sono stati lasciati li da soli, senza cibo e ormai irremediabilmente pieni di radiazioni.

Se qualcuno non sapesse nulla, ma anche se sapete della notizia, leggetevi l'articolo che vi riporto:

Fukushima Naoto Matsumura completamente contaminato si prende cura degli animali abbandonati

ALL’INTERNO DEL RAGGIO DI EVACUAZIONE DI 20 KM DALLA CENTRALE
Fukushima, sfida le radiazioni e si prende cura degli animali abbandonati
Naoto Matsumura, risultato «completamente contaminato», ha trasformato la sua casa in un centro di accoglienza

MILANO – «Gli animali di Fukushima abbandonati e lasciati morire»: questo è il titolo di un reportage della Cnnche parla di una categoria trascurata dagli organi d’informazione nel parlare del disastro nucleare giapponese: gli animali. Ma qualcuno ha pensato a queste povere vite. E per amor loro ha deciso di rimanere a Tomioka. E di non abbandonarli al loro destino. Il piano di evacuazione ordinato dal governo giapponese parla chiaro: tutti coloro che abitano nel raggio di venti chilometri dai reattori della centrale danneggiata dall’accoppiata killer terremoto/tsunami dell’11 marzo scorso vanno immediatamente allontanati. Ma c’è un uomo di nome Naoto Matsumura, agricoltore da cinque generazioni, che decide di non stare alle regole.

RIBELLE – Naoto inizia la sua disobbedienza proprio il giorno dopo il terremoto. Mentre i 78 mila residenti nell’area a maggiore rischio di contaminazione radioattiva lasciano le loro case, il cinquantaduenne ribelle di Fukushima organizza la sua resistenza nel nome dei suoi amati animali, poiché il piano approntato dalle autorità non prevede alcuna misura per evacuarli, ma Naoto non se la sente di ignorarli. Oggi l’unico residente della zona è dunque anche l’unica fonte di nutrimento per un gran numero di animali randagi.

CARCASSE OVUNQUE – A quasi un anno di distanza dal disastro nucleare, l’area di venti chilometri di raggio che si estende attorno a Fukushima è un cimitero a cielo aperto. Le carcasse di cani, gatti ma anche di mucche e maiali sono sparse un po’ ovunque. Numerose associazioni animaliste hanno fatto pressione sul governo giapponese per tentare di salvare anche i gli animali, ma le autorità si sono rifiutate, ritenendo l’operazione di salvataggio troppo rischiosa per la salute degli incaricati. Ciononostante nel dicembre scorso un gruppo di animalisti è entrato nell’area evacuata e ha portato via circa 250 cani e un centinaio di gatti, riuscendo in seguito a rintracciare l’80 per cento dei proprietari.

«IO RESTO QUI» – «Sono pieno di rabbia», sbotta Matsumura, intervistato dalla Cnn. «Ed è questa la ragione per la quale sono ancora qui. Mi rifiuto di andarmene portando con me questa rabbia e questo dolore. Piango ogni volta che guardo la città nella quale sono nato. Il governo e la gente di Tokyo non sanno quello che sta succedendo qui». Da quando ha deciso di rimanere per dar da mangiare ai randagi, Naoto esce dall’area solo per procurarsi cibo per i suoi amici a quattro zampe. Già dopo poco tempo dall’evacuazione la maggior parte delle mucche era morta. Vermi e mosche ricoprivano le carcasse e l’odore era insopportabile.

UNA STORIA TRISTE – Ma la scena peggiore ricordata da Matsumura riguarda una mucca con il suo vitellino che l’agricoltore ritrovò in pessime condizioni nella fattoria di un vicino: «La mucca era pelle e ossa e il suo piccolo piangeva e cercava ostinatamente di attaccarsi alle mammelle della madre. Ma lei, forse temendo che se avesse nutrito il cucciolo sarebbe morta, lo allontanava scalciando. Dopo molti rifiuti il vitellino si rintanò in un angolo della stalla e prese a succhiare della paglia, come se fossero le mammelle di sua madre». Il giorno dopo Naoto tornò alla fattoria e trovò entrambi gli animali morti. È stato dopo avere assistito a decine di scene come questa che il signor Matsumura ha iniziato a concedere interviste ai corrispondenti esteri di varie testate sottolineando come i media giapponesi stiano ignorando un aspetto drammatico delle conseguenze dell’incidente di Fukushima.

CONTAMINATO – Naoto Matsumura vive in una città fantasma, senza elettricità e beve l’acqua estratta da un pozzo vicino alla sua casa. Dopo gli esami clinici per misurare i livelli di contaminazione il suo organismo è risultato «completamente contaminato». Ma nonostante la diagnosi l’unico cittadino di Tomioka non si scoraggia e dichiara di volere seguire da vicino le opere di bonifica commissionate dal governo. «Dobbiamo decontaminare quest’area o questa città morirà. Io rimarrò qui per essere sicuro che questo venga fatto e perché voglio morire dove sono nato».
Emanuela Di Pasqua da corriere.it




Direi che l'articolo parla da solo...
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